Un giorno ti svegli ed è domani.
Scusate, quando vivevo in Italia scrivevo molto meglio, ma
volevo farvi credere anche io di non sapere più l’italiano come quelli che
vanno un weekend a Londra e tornano parlando bengalese perché chi pensano di
prendere per il culo: di inglese vero non ne hanno incontrato nessuno. Sì,
insomma, conosciamo tutti un amico che è tornato da un’esperienza all’estero
millantando di avere ormai il cervello impostato sull’inglese.
State tranquilli,
non è il mio caso – eh, lo so che ci speravate, eppure anche dall’Inghilterra
eccomi qui a scrivere (finalmente) di nuovo sul blog.
Dicevo: un giorno ti svegli ed è domani. E il domani sono i
venticinque anni.
Prima dei venticinque anni la vita è completamente diversa
e, soprattutto, prima dei venticinque anni pensi sempre che il tuo
venticinquesimo compleanno non arriverà mai, pensi che sarai giovane per
sempre. Prima dei venticinque anni tutto si vive al massimo: si beve come se
non ci fosse un domani, si mangia come se non ci fosse un domani, si spende e
si fanno cazzate come se non ci fosse un domani.
Ma un giorno ti svegli ed è domani. Hai venticinque anni.
Inizialmente il domani non sembra essere spaventoso come
avevi sempre pensato. È un altro giorno come tanti, è un po’ come ieri. Ma
questa sensazione dura poco. Ben presto capisci che nulla sarà più come prima e
dal domani non c’è ritorno.
Pensavo che sarei arrivata ai miei venticinque anni con un fidanzato,
con una storia seria che mi avrebbe portato alla convivenza nel giro di un paio
di anni al massimo, con un lavoro soddisfacente, con un guardaroba da donna
quale oramai ero diventata.
Ho compiuto venticinque anni da single, senza il benché
minimo interesse verso alcun individuo di sesso maschile, senza nessuna
prospettiva di convivenza nemmeno nei dodici anni a venire, con un lavoro
sottopagato e che mi causava più crisi isteriche che gioie, con un armadio
equamente diviso fra vestitini da escort e pigiami di pile con bestie varie
disegnate, senza via di mezzo alcuna. Go puta or go branda.
Quando arrivano i venticinque anni cambia tutto. Anche i giorni
della settimana cambiano nome: non esiste più il Giovedìdivina o il
Venerdìalcatraz, per esempio. Esistono solamente i giorni lavorativi e i giorni
feriali, ecco come si dividono le settimane, i mesi, gli anni, la vita. L’esistenza
è scandita da momenti di lavoro seguiti da momenti di riposo. A venticinque
anni, infatti, scopri che il riposo viene dopo il lavoro. E credetemi: fa male
come scoprire che Babbo Natale non esiste. A venticinque anni ti alzi il sabato
mattina alle otto e mezza e credi di esserti fatto una ronfata epica, perché caspita!
Le otto e mezza! E ti assale immediatamente una strana angoscia: è come se
dentro di te sentissi che devi fare qualcosa, ma non sai bene cosa.
A venticinque anni non sai bene cosa dovresti fare, ma sai cosa
non devi mai più fare.
A venticinque anni è ora di dire basta alle carte prepagate.
Conosco tantissime persone alle quali i genitori per anni hanno caricato una
Postepay o altri tipi di carte prepagate. A me non è mai successo, ma non so di
preciso cosa avrei comprato con quei soldi. Forse un pigiama di pile. Ricordo gite
con compagni di classe con carte di credito piene soldi, soldi caricati apposta per
la gita. Io avevo lo zaino pieno di panini ancora surgelati perché mia mamma si
era dimenticata di tirarli fuori dal freezer, tre o quattro macchine
fotografiche usa e getta che mio papà portava dall’ufficio e non so se con le
Postepay gli altri si potessero permettere tutto i miei vizi e il mio benessere.
A venticinque anni non puoi più bere come un dannato e sembrare il più figo della compagnia. A venticinque anni diventi un
alcolizzato. Ma soprattutto, a venticinque anni bere è molto faticoso. Perché domani
lavori – ma zio domani è domenica! Beh dopodomani lavoro e domani ho bisogno di
essere in forma per potermi riposare meglio; perché domani ti farà male la
testa; perché domani avevi promesso a tua mamma che saresti andato all’Esselunga
con lei, perché ormai sei vecchio e i vecchi al massimo si fanno un bianchino. Certo,
non mancano gli eroi, le vecchie glorie che nonostante l’età continuano a
mandar giù Negroni dopo Negroni, ma del resto, se ancora reggono… Novantadue
minuti di applausi per loro.
A venticinque anni non puoi più indossare i pantaloni della
tuta fuori di casa. Gli amici (non tu) iniziano a prendere anche la Laurea
Magistrale, alcuni iniziano a sposarsi e… E ti fanno capire che la tua tuta di
acetato della squadra di calcio dell’oratorio (che in terza elementare ti
avevano dato taglia XXL per fartela andar bene a oltranza) non è un capo d’abbigliamento
consono. Così ti tocca cercare su YouTube tutorial per imparare a fare il nodo
alla cravatta.
A venticinque anni non puoi più andare a studiare all’estero.
Perché c’è un’età per tutto, e quella dell’Erasmus era una manciata di anni fa.
Perché quando arrivi in università, fuori dall’Italia, le matricole hanno
diciotto anni e forse non hanno mai visto High School Musical: difficile, se
non impossibile perdonarli e farci amicizia. Ma soprattutto, le matricole
diciottenni ordinano quattro Jagerbomb di fila e tu al bancone del bar chiedi
acqua gassata a garganella – e il mattino dopo sono puntuali alla lezione delle
8 mentre tu con 37 di febbre stai iniziando a compilare il testamento.
A venticinque anni non puoi più mangiare da McDonald’s. O
meglio: a venticinque anni non vuoi più farlo. Quello che fino ai sedici anni è
stato il tuo posto per mangiare (ben tre parole per evitare di dire ristorante)
preferito, adesso lo schifi come i canditi nel panettone. Ti rendi conto che
non costa così poco come provano a farti credere, ma, soprattutto, sei
diventato troppo vecchio e non lo digerisci bene - così dici ai tuoi amici mentre con l’espressione
di Dawson che piange ti metti una mano sullo stomaco, come se già sentissi i
primi dolori al sol pensiero. E poi perché le patatine di Burger King sono più
buone. Beh, allora andiamo lì? No guarda, stasera passo, ho il compleanno della
nonna della mia fidanzata.
A venticinque anni non puoi più limonare duro nelle rare
occasioni in cui fai ancora serata. Principalmente perché in discoteca troverai
solo persone molto più piccole di te. E secondariamente perché ormai ti sei
messo in testa che sei in cerca della persona giusta, e non la troverai in un
locale perché con la musica alta non riesci a concentrarti bene nella ricerca. E
comunque le luci flashate ti fanno venire un po’ di male agli occhi. E poi a
venticinque anni non puoi più tirartela né fare lo/la stronzo/a, a venticinque anni cerchi condivisione ed
intimità – e più abbracci che limoni.
A venticinque anni non puoi più andare in campeggio. Perché lavori
sodo tutto l’anno e l’ultima cosa che ti meriti è la solita vacanza organizzata
all’ultimo passata sotto il sole cocente a mangiare pasta al tonno, come ieri e
come domani – ah no, scusate, domani c’è la Simmenthal. I tuoi amici iniziano
ad andare in Vietnam e Malesia con i rispettivi partner e tu hai ancora voglia
di dormire, un po’ insabbiato, in un sacco a pelo su un materassino gonfiabile,
per alzarti il mattino dopo quando la tenda ha raggiunto la temperatura dell’Inferno
e fare la fila per pisciare? Non è più la stessa cosa, nulla ha più lo stesso
sapore di quando avevi vent’anni: nemmeno la vodka bevuta in spiaggia mischiata
con succo multivitamin. Non sale nessuna emozione, la vodka invece risale su
per l’esofago che è un piacere.
A venticinque anni non puoi più vantarti delle tue
prestazioni sessuali. Perché tutti i tuoi amici sanno già cosa sia il sesso e
tu di certo non sei il figo della compagnia che si è portato a letto una
ragazza per primo. Anzi, ogni volta che a venticinque anni dipingi incredibili
atti sessuali davanti ai tuoi amici, dai solamente loro la conferma che non toccavi
un organo riproduttivo diverso dal tuo da quando Wojtila era papa.
A venticinque anni non puoi più stare a casa perché hai
voglia di vedere un film o simili: hai capito che è arrivato quel domani che pensavi non
avrebbe mai bussato alla tua porta, hai capito che stai andando verso i trenta,
stai invecchiando, e tutte le balle che hai inventato in passato per non uscire
ti si stanno ritorcendo contro, perché hai perso nottate in cui eri pieno di energia
e di voglia di vivere. A venticinque anni non uscire la sera è tanto facile
quanto pericoloso: preso dalla noia potresti prenotare una settimana in
campeggio e non uscire più dal tunnel.
A venticinque anni puoi.
B. (from the UK xx)
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