Non sapevo se creare un album su Facebook “Un anno di noi”,
se aprire direttamente un profilo di coppia o festeggiare con una cena al
ristorante. Poi ho deciso di optare per un nuovo articolo sul blog, perché alla
fine scrivere non dico sia la cosa che mi riesce meglio, ma è di sicuro quella
che mi piace di più. E poi ho anche pensato che nell’ipotetico album di
fotografie ci avrei messo solamente scatti delle mie notti agli aeroporti di
Manchester, di Londra o di Liverpool, passate insonni in attesa di un volo che
mi avrebbe portato lontano.
No, però, sto mentendo adesso: ci avrei messo anche
le foto delle nevicate ininterrotte da novembre ad aprile e per finire dei
selfie del mio volto – inquadrando nello specifico il mio sguardo, lo sguardo
rivolto al collega che mi aveva detto alla fine del turno di lavoro:
«Dai, BB, una birra e basta, tanto poi l’Holy chiude e
andiamo a casa. Domani a che ora inizi?»
Lo sguardo di chi il giorno dopo aveva il turno delle 8 (perchè dopo ogni festa io avevo sempre i turni presto) e controllava il cellulare per appurare che sì, erano le 5 e mezza del mattino.
Eccomi qui: io e l’Inghilterra oggi festeggiamo un anno insieme.
Esattamente
un anno fa ho messo il culo su un volo Easyjet che da Malpensa m’ha portato a
Manchester.
Non sono qui a raccontare luoghi comuni: ah! Quando sono partita
dall’Italia c’era ancora il sole, a fine ottobre, e qui pioveva come se non ci
fosse un domani. Sì, sono atterrata a Manchester sotto il diluvio – cliché – ma
la verità è che anche a Milano faceva un freddo becco. Fino alla settimana
prima c’erano state temperature quasi estive, tant’è che alla cena di saluto
coi miei amici ero agghindata come se stessi andando a una festa in spiaggia.
E non sono nemmeno qui a raccontare com’è andato quest’anno, mese dopo mese – per saperlo rileggetevi il post di addio a Stoke-on-Trent.
E non sono nemmeno qui a raccontare com’è andato quest’anno, mese dopo mese – per saperlo rileggetevi il post di addio a Stoke-on-Trent.
Sono qui per essere obiettiva, e raccontarvi con sincerità quello
che in questo anno di vita qui ho imparato ad amare dell’Inghilterra – altresì nota
come il Paese in cui non inviterei nemmeno il mio peggior nemico. Cazzo,
scusate, avevo detto che ne avrei parlato bene.
Allora, ecco le dieci cose che
amo di più dell’Inghilterra – vorrei dirvi di preparare i popcorn ma su, dai,
scaldate una bella lattina di fagioli al sugo!
1. Le casette di mattoni rossi con gli infissi delle finestre bianchi
Sono tutte uguali, sono iconiche, sono il simbolo dell’Inghilterra
vera – quella verde, quella delle campagne, non quella di Londra. Mi hanno
sempre fatto sorridere, fin dai tempi in cui venivo qui a trovare Jack. Allora
le guardavo passare veloci mentre il pullman correva in strada: una dopo l’altra me le lasciavo alle spalle e sapevo che stavo per arrivare alla sua, quella di Jack. Ed ero
felice. Quando poi qui sono venuta a viverci, quelle casette rosse le
adocchiavo già dall’aereo, in fase d’atterraggio. Mi davano il bentornata. Le trovo
molto carine.
2. La pulizia delle automobili
Quando ancora vivevo a Stoke, un mio collega mi aveva fatto
notare l’ossessione degli inglesi per la pulizia della propria auto. Lui al
tempo stava studiando per il concorso d’avvocato e lavorava part-time: il resto
della giornata lo passava in camera a studiare. E aveva raccontato che aveva
messo la scrivania sotto la finestra per sentirsi meno isolato dal mondo, sul
quale poteva buttare un occhio fra una pagina e l’altra. E aveva anche
raccontato come, più volte a settimana, vedesse il suo vicino di casa lavare la
macchina come un disperato. Interni, esterni, sapone, aspirapolvere portatile….
Insomma, puliva come un filippino. E la sua macchina era, a detta del mio
collega (e lo immagino bene), sempre linda. Sì: gli inglesi comprano dei
piccoli aspirapolvere da collegare direttamente alla presa dell’accendi-sigarette
della macchina e non hanno mai una briciola sui tappetini. Ho iniziato a farci
caso anche io, e in effetti ho notato che qui nessuno disegna peni sui vetri
delle portiere; nessuno scrive “Lavami” né “Suca”: non c’è un filo di polvere
sul parabrezza… E come lo disegnano un bel cazzone peloso nel migliore stile di
strada italiano?
3. La possibilità di fare il biglietto sull’autobus
Quanti autobus abbiamo perso in Italia perché ci siamo
dimenticati di comprare il biglietto il giorno prima – già che eravamo in giro
potevamo fermarci al volo dal tabaccaio o in edicola? Nessuno, perché in Italia
se non hai il biglietto dell’autobus il tuo problema maggiore è se vuoi sederti
accanto al finestrino o stare in piedi tanto sono solo un paio di fermate. Però
ho sempre ammirato quei Paesi in cui è possibile comprare il biglietto
direttamente sul bus dall’autista. Parlo soprattutto per tutte quelle persone
oneste che in Italia arrivano mezz’ora in ritardo agli appuntamenti perché hanno
perso tempo a cercare un posto nel quartiere che vendesse un biglietto… Sì,
insomma, loro qui si troverebbero un sacco bene.
4. I treni
Gli inglesi hanno inventato i treni e il treno è il mio
mezzo di trasporto preferito. Quindi non potevo non citare i treni in questa
mia top 10. E poi qui non ci sono mai problemi di treni senza aria condizionata
e caldo e lamentele sui social e servizio su Studio Aperto: qui non fa mai
caldo. E poi qui praticamente tutti i treni hanno le prese per caricare il
telefono, quindi posso cercare foto di cibo italiano senza paura di consumare
troppa batteria.
5. Sono un popolo di party animals
Non importa che non vi siate mai parlati prima, se dite a un
inglese che vi piace la birra, diventerete migliori amici per una sera. Non per
più di una sera, però, perché quando sarà passata la sbronza e si accorgeranno
che non siete inglesi, tenderanno a tagliarvi fuori dal gruppo. Gli inglesi
vivono in un Paese che funziona e va avanti grazie agli stranieri ma diciamo
che quando si tratta di integrazione a livello sociale rendono chiarissima la
loro decisione di abbandonare l’Unione Europea. Ma, cazzo, Bea, avevi detto che
parlavi delle 10 cose più belle, no? Basta criticare, sempre e solo criticare! Gli
inglesi amano far festa: escono dall’ufficio e riempiono i pub, sorridono,
brindano, bevono e si divertono. Non esistono serate tranquille con gli inglesi:
sapranno sempre farti passare una notte da paura, della quale (per fortuna) non
ricorderai nulla. Insomma: se ti piace spaccarti a merda, gli inglesi sono gli
amici giusti per te.
6. I canali
Ho sempre pensato che la mia città perfetta dovesse avere i
tram e un fiume – anche piccolo, insomma: un corso d’acqua. Leeds, Manchester, Liverpool, Birmingham,
Londra, Nottingham, Oxford, Cambridge, Leicester, York, Sheffield, Bath… Perfino
Stoke-on-Trent. Pensate a qualsiasi città inglese: ha un fiume, un canale,
un affaccio sull’acqua. Nella maggior parte dei casi si tratta di semplici
canali (la cui rete raggiunge le duemila miglia), fatto sta che anche le città
più brutte possono avere un angolo romantico, di fronte al canale, dove si
possa passeggiare e pensare che forse no, forse l’Inghilterra non fa tutta
schifo, ma cercando bene, in un tramonto sul canale, è possibile trovare un po’
di bellezza.
7. Ti chiedono sempre come stai
Oltre al fatto che abbiano un’educazione superficiale e di
facciata incredibilmente ben costruita… Bea, cazzo! Scusate, basta criticare.
Dicevo: oltre al fatto che gli inglesi dicano un numero fastidiosamente alto di
“Thank you”, ti chiedono anche sempre come stai. Non ti salutano e basta, gli
inglesi sono molto cordiali in questo e vanno sempre oltre, aggiungendo
generalmente un “You alright?”. Stai bene? Te lo chiedono sempre, sono gentili.
8. Tutto è una catena
Dimentica il bar di Pino, quello all’angolo, quello che
non sai come si chiami, il posto dico. Sai che il barista si chiama Pino ed è
là, fra il fruttivendolo e poi se giri a destra sei in via Tal dei Tali. Hai
presente? E certo che hai presente, perché le brioches sono davvero stra piene
di marmellata. Dimentica non solo le brioches ma anche i bar di cui non
ricordate il nome. Qui è tutto uguale e, in un certo senso, è tutto una
garanzia. Non importa in che città ti trovi: ci sarà sempre un All Bar One (che
io nella mia testa leggo sempre all’italiana, tipo “Al bar grande” – “Al barone”… –one… Mica –ino! Ol bar uan non mi
viene mai), un Caffè Nero, un merdoso Greggs, un Pret a Manger, un
Costa… Non sto parlando solo dei fast food, amici: qui tutto è una catena. Quel
posto buono per i cocktail che pensavi stessero aprendo solo in una città? The
Ivy? Posh e colorato… È una catena. The Alchemist? È una catena. Sapete una
cosa? Un po’ li capisco: del resto quando sei così bravo a fare i cocktail col
misurino vuoi esportare la formula in ogni città – perché non è giusto che un
gin tonic con più ghiaccio della Lapponia o una abominevole crostatina di
salsiccia si mangi solo in una città. Un’ottima garanzia.
9. Ci sono tantissime varietà di cibo
È una cosa che ho imparato ad apprezzare col tempo, perché venendo
da una grande città come Milano, all’inizio non mi sembrava nulla di
particolare. Ma dopo aver vissuto in una fogna come Stoke-on-Trent mi sono accorta
di come, anche nelle città più orrende e abbandonate da Dio e dagli uomini, la
scelta gastronomica quando si tratta di take away sia incredibilmente vasta. Puoi
trovarti ovunque, sperduto, e avere comunque nelle vicinanze un indiano, un
cinese, un tailandese, un posto per gli hamburger, per la pizza italiana, per
la pizza all’americana, per il sushi, per le insalatone, per i centrifugati e
mai purtroppo nessuno che venda la voglia di vivere. Bea! Stai fallendo in
continuazione. Insomma: perché andare lontano quando le prelibatezze di tutto
il mondo possono essere facilmente reperite in qualsiasi città britannica?
10. Il verde
Siamo seri: i prati delle campagne inglesi sono meravigliosi.
È come se il verde fosse un colore diverso qui. Un verde che trovi solo in
Inghilterra. Il verde inglese andrebbe aggiunto alle tempere della Giotto che
fanno comprare nelle scuole medie italiane per dipingere quattro aborti durante
le ore di storia dell’arte. Ricordo che mi ero beccata quelle già mezze usate
da mio fratello maggiore, ho poi passato i miei scarti a mio cugino e per
concludere mio fratello minore aveva messo nella cartelletta e portato a scuola i
resti delle tempere già usate da tre familiari: probabilmente colori
incredibilmente importanti come il rosso magenta e il blu cobalto erano ormai
finiti. Per non parlare del marrone terra di Siena. Ma il verde inglese, se
fosse esistito, quello non sarebbe mai finito: perché non importa che stagione
sia, qui i prati sono sempre verdi. E bellissimi.
11. I supermercati
Lo so, avevo detto che avrei scritto solo dieci punti: ma
com’è possibile ridurre il mio incondizionato amore verso un Paese
oggettivamente così bello a sole dieci cose? Perdonatemi e lasciatemene
aggiungere un’ultima, un’undicesima. I supermercati qui sono delle città: sono
enormi, il reparto patatine occupa tre corsie e porca troia ci sono
ventiquattro gusti diversi di humus. Cioè l’humus va di moda da due anni, prima
piuttosto avremmo mangiato fieno e mo esiste l’humus al topinambur? Che poi che
minchia è il topinambur? Non so nemmeno di che colore sia, ma so che non
importa che tu stia cercando una cochina bella fresca, un tostapane, un
maglione a collo alto o del cibo di merda: troverai tutto in un supermercato
inglese.
Ho voluto scrivere questo post per un motivo preciso: quando
si sono trasferiti a Malta, i miei ex colleghi di Stoke-on-Trent, hanno
riempito la mia home di Facebook con parole strappalacrime, su come l’Inghilterra
li avessi forgiati e li avesse trasformati negli uomini che sono oggi, come l’Inghilterra
avesse dato loro opportunità che l’Italia non solo non ha mai offerto, ma
nemmeno mai offrirà. Mi sono sentita una merda, perché anche a me l’Inghilterra
ha dato un contratto a tempo indeterminato senza nemmeno conoscermi. Quell’indeterminato
che in Italia è comune fra i giovani come i mammut come animali domestici. E io,
invece, stupida e ingrata, ne ho sempre e solo parlato male.
Sarebbe però fasullo terminare il mio post così, lo sappiamo
bene tutti. Non sarei io. E io non ce la faccio a non essere sempre,
genuinamente, io. Non poteva essere tutto così facile, non potevo festeggiare
un anno in Inghilterra solamente con undici motivetti da sciacquetta per cui
questo Paese mi piace. Lo sapevo io e lo sapevate anche voi quando avete
iniziato a leggere.
Quindi ecco di seguito anche undici motivi per cui in un
anno ho imparato a odiare l’Inghilterra:
1. Le casette di mattoni rossi con gli infissi delle finestre bianchi
Bellissime eh, ma figa delle finestre che si aprano
completamente no? Che cosa mi significa aprirle solamente a 45 gradi? Se mia mamma
venisse qui come farebbe a cambiare l’aria? Glielo dite voi che per avere aria
fresca e pulita in camera bisogna aspettare quattro giorni e avere le
stalattiti? Si arrabbierà moltissimo, vi avviso. È campionessa olimpica nel
cambio dell’aria.
2. La pulizia delle automobili
In casa hanno i topi, però ‘sti cazzi la macchina è linda! E
si limona a rullo stasera con la Ford luccicante.
3. La possibilità di fare il biglietto sull’autobus
Oggettivamente utile, ma Cristo il Signore poi al mattino
una tratta di venti minuti diventa di quarantacinque perché tre quarti dei
pirla che stanno aspettando il bus a ogni sacrosanta fermata non hanno il
biglietto e dunque via, code chilometriche e attese fastidiosissime mentre
dicono all’autista dove scenderanno e lui non capisce e allora ripetono e l’autista
dice il costo e loro non capiscono e allora lui ripete e loro tirano fuori i
soldi che non sia mai abbiano pronti giusti e la moneta cade e la rincorrono e la
passano all’autista e aspettano il resto e ciao adesso sono in ritardo di un
quarto d’ora e aprimi ‘sta cazzo di porta sul retro e facciamo all’italiana,
no?
4. I treni
Ok, questa è una questione molto spinosa, perché in un anno
in Inghilterra non ho mai preso un treno in orario, mai. Se tutto andava per il
meglio, il treno era in ritardo di una manciata di minuti. Ma spesso, molto
spesso, i miei treni sono stati cancellati. Soppressi, puff. Ho perso tante di
quelle coincidenze e tirato giù tanti di quei santi in stazione che ormai se
devo andare in aeroporto inizio a incamminarmi a piedi un paio di giorni prima,
per essere sicura di arrivarci. Una volta per esempio, ci ho messo sei ore per
tornare a Leeds da Manchester: sei ore – 70 km. Sei lunghissime ore. Solitamente
ce ne vuole una, ma tanto cosa avevo da fare a casa? Ma poi raga, qui sono
fuori completi con i prezzi. Non avete idea dei costi per viaggiare in treno:
non solo sono alti e non solo il servizio è a dir poco imbarazzante, ma tutto è
a caso. Una settimana fa ho prenotato un biglietto per Bath: da Leeds bisogna
per forza passare da Bristol per raggiungere Bath in treno. Il biglietto per
Bath, con stop a Brisol, costava £52 (con la tessera sconto). Gli hotel a Bath,
però, avevano prezzi inavvicinabili per me, pertanto ho pensato di andare a
Bristol per il weekend, dove le notti costano vistosamente meno. Controllo i
treni per Bristol (che, come detto prima, è tappa obbligatoria per andare a
Bath): £80. Ma mi state pigliando per il culo? Ma se ho pagato £52
Leeds-Bristol-Bath? Nel dubbio, fate schifo. Ah: non ho mai tolto il giubbotto in treno, fa così freddo che spesso ho iniziato a parlare come Pingu dicendo frasi come "Porco Tensing!".
5. Sono un popolo di party animals
Una serata senza dosi industriali di alcol non ha senso di
esistere. Se non torni a casa sui gomiti, la serata è sprecata. Che poi, raga,
non sono qui a fare la santarellina, perché anche io sono d’accordo che un paio gin tonic doppi a una festa siano come un comodo paio di Nike con la suola
morbida quando devi andare a correre: non obbligatori né essenziali, ma aiutano.
Ma avete presente quei sabati sera in cui proponete agli amici una bella
pizza? La serata si conclude con una bottiglia di San Pellegrino in vetro e
siete tutti felici – qui non esiste che questo accada. Qui se mangi una pizza è
solo per creare un fondo consistente nello stomaco che deve poi accogliere
diciotto pinte. Per far cosa, poi? Andare a ballare al Revolution? Sì, gli
inglesi hanno le catene anche delle discoteche. Non importa in che città tu
vada, sai sempre che puoi ubriacarti come un lurido e andare ad ascoltare
musica di merda in un Revolution. E il Just Cavalli in Parco Sempione si svuota.
6. I canali
Quella del canale è generalmente la zona abbandonata della
città. Solo guardare per un nanosecondo l’acqua fa venire la scabbia. Avete
presente i Navigli di Milano? Nyhavn a Copenhagen? Dimenticateli. I Navigli,
poi, voglio dire… Sono artificiali, c’è sempre un puttanaio di gente, d’estate
sciami di zanzare e i bar sono tutti uguali. Ma quanto li abbiamo fatti bene,
proprio per attrarre il suddetto puttanaio di gente? Li abbiamo riempiti di bar
(sì, tutti uguali), ci sono eventi in ogni stagione, non c’è parcheggio, la
metro è lontana e… E c’è un puttanaio di gente. Che ama i Navigli. No, qui non
ci mettono un bar che sia uno, ci mettono delle barchette abitabili dove non
metterei piede manco sotto tortura, ma dove apparentemente la gente vive e da
dove la merda viene scaricata nel canale già lercio. E però se quello di carino
che hai non lo sfrutti, Inghilterra mia, io non posso che darti addosso.
7. Ti chiedono sempre come stai
“Heya, you alright?” è il modo inglese di dire semplicemente
ciao. Non ti stanno chiedendo come stai. Non perdere tempo a rispondere “Bene,
e tu?”, perché loro se ne saranno già andati. O in ogni caso non ti risponderanno.
E anche quando la frase è più strutturata, come un vero e proprio “Hello, how
are you?”, non hanno alcun interesse nella risposta. È un modo lungo per dire
ciao. Non perdete tempo a rispondere ma, soprattutto, a interessarvi su come
stiano loro. Limitatevi a un “Heeey” con un buon numero di “e”, saranno
contenti così – fidatevi.
8. Tutto è una catena
Per avere la sicurezza di poter mangiare la stessa merda in
qualsiasi città, senza stare a perdere tempo cercando su TripAdvisor il
ristorante con il menù con almeno un piatto diverso da tutti gli altri. Non si
sbaglia mai, qui: pollettino da Nandos e caffettino da Starbucks e lo squarau è
assicurato.
9. Ci sono tantissime varietà di cibo
E certo, poverini: devono mangiarsi fagioli al sugo ogni
sera? Non hanno un cibo tipico, lasciate provar loro un po’ di piatti dal resto
del mondo. E la cosa curiosa è che io non ho mai sentito così tanti casi di
intossicazione alimentare come qui: tutti hanno ogni settimana una storia di un
amico che è stato “food poisoned”. In Italia quando? Se sei sfigato con le
cozze? Qui tutti hanno il food poison, ma raga un bel piatto di pasta in casa? Una peperonata come Aldo alle 8 del mattino? No, loro in casa mangiano la roast dinner – ma un arrosto fatto decentemente e
non con le verdure bollite chi glielo fa assaggiare? Il fatto che mangino le
verdure praticamente solo bollite mi fa veramente perdere la testa lo giuro: al
ristorante mi porti i broccoli bolliti ma ti abbassi un attimo e ti vomito in
faccia o preferisci sul grembiule?
10. Il verde
E ci mancherebbe pure, piove un giorno sì e l’altro pure! Che
poi, attenzione, quel che è giusto è giusto, quindi voglio specificare che in un
anno non ho mai vissuto settimane grigie come a Milano, in cui veramente non
smette di piovere per giorni e giorni di fila. Ma poi a Milano esce un po’ di
nebbia, per variare. Qui esci di casa col sole e nell’arco della giornata piove
e smette settantacinque volte. A volte settantasei. Poi smette eh,
assolutamente, ma una bagnatina al volo, giusto per dare fastidio, la fa
sempre. E comunque voglio anche sottolineare come, comunque, in Inghilterra non
ci sia solamente la pioggia. C’è anche il vento. Tantissimo, freddissimo vento.
11. I supermercati
Voi non avete idea della rapidità con cui le cassiere
battano la spesa da Aldi. Sono velocissime, sembra quando riarrotolavo le
videocassette a velocità ×36 e Mufasa moriva velocissimo e poi gli gnu
correvano sopra Simba come durante un Gran Premio e tu vai in panico, non
riesci a mettere niente nei sacchetti e allora lanci tutto nel carrello perché loro
hanno già battuto ottantanove pezzi per un totale di £100 di spesa e tu stai
ancora cercando di allargare bene il fondo della prima busta di plastica e loro
stanno indicando la macchinetta della carta di credito. E quindi? E quindi in
fondo alle casse, prima delle porte di uscita, ci sono dei banchi, dei tavoli,
dove la gente si appoggia e mette via la spesa prima brutalmente lanciata nel
carrello cercando di mantenere il ritmo con la cassiera di Aldi. Cassiera,
calmati, non è una gara. E se anche lo fosse, hai già perso: Aldi fa schifo e
viva l’Esselunga.
Dai Inghilterra, lo sai che in fondo ti voglio bene.
Auguri a noi, auguri a un altro anno che non sia nemmeno per
un giorno uguale a questo.
Un anno in Inghilterra, un anno senza burrata, un anno senza
Negroni, un anno senza pizzoccheri, un anno con uno stipendio.
B.
2 commenti
Ti informo che tua madre sta già cambiando l'aria nella tua stanza per quando verrai, anche se non sa ancora la data di quando verrai.
RispondiEliminaGiusto per farmi trovare la stanza con 6 gradi quandl torno. Perchè magari torno in estate ��
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